martedì 8 febbraio 2011

La cassa riposta e lo sviluppo sostenibile

Nella novella La cassa riposta, apparsa la prima volta nel 1907 e poi inclusa nella raccolta "L'uomo solo", Luigi Pirandello narra dell'avvocato Piccarone, noto per la sua furbizia ma soprattutto per essere un gran spilorcio, che decide di conservare la costosa cassa da morto usata per il funerale della moglie, in quanto avrebbe potuto usarla successivamente lui.
"Questa cassa ... mi costa più di vent'onze. Bella, la vedi. Per la sant'anima, capirai, non ho badato a spese. Ma ora che la comparsa è fatta. Che se ne fa più la sant'anima di questa bella cassa sottoterra? Peccato sciuparla ... Facciamo così. Caliamo la sant'anima pulitamente con quella di zinco, che sta dentro; e questa me la riponi: servirà anche per me. Uno di questi giorni, sull'imbrunire, manderà a ritirarla.
La cassa gli servirà poco dopo, quasi "chiamandoselo", narra Pirandello, quando muore durante una discussione col macellaio Dolcemascolo, al quale il suo cane aveva rubato delle salsiccie. Ma chissà quante volte anche noi abbiamo pensato di "riporre" qualcosa per riusarlo o riciclarlo. Una bella scatola trasformata in contenitore di oggetti, un nastro colorato che legava un regalo, un vecchio orologio ereditato da qualcuno, una busta della spesa che diviene sacchetto di immondizia. Siamo stati noi a scegliere di "riporre" o è stato l'oggetto a influenzare la nostra scelta?

Non bisogna essere spilorci per capire che gli oggetti hanno un'anima. Non in senso metafisico, o in chiave animistica, o cadendo nel panpsichismo, perché un'oggetto non ha coscienza di sè. E non bisogna neanche supporre che i proprietari degli oggetti possano trasmettere ad essi proprietà che passino al successivo proprietario. No, la "cassa riposta" dell'avvocato Piccarone non parla, non pensa, e non è un mezzo con cui la moglie (defunta) chiama il marito (vivente). Invece, è un oggetto che influenza la vita dell'avvocato. L'inanimato devia il corso delle cose dell'animato. Questo ascendente, o forse questa suggestione intrinseca nell'oggetto stesso, è la sua anima. L'avvocato muore per la sua stessa suggestione, in quanto vittima dell'anima della cassa? O è un caso? Non ci è dato saperlo, ma sicuramente la grande protagonista della novella è la cassa, il vero regista degli eventi che si susseguono velocemente.

Fino a che punto gli oggetti influenzano le nostre scelte e la nostra vita? Sin dove la scelta di aver acquistato un'automobile o di aver accesso un mutuo ha condizionato le nostre decisioni successive? In che misura un libro o un articolo di giornale ha cambiato la nostra idea su un soggetto, forse spingendoci impercettibilmente verso un nuovo percorso nella nostra vita?

L'influenza impalpabile degli oggetti che ci circondano, e che nelle nostre case formano quasi un sacrario di simboli e punti di riferimento, è forse solo un aspetto dell'interdipendenza intrinseca che caratterizza tutte le società umane. Sottovalutiamo troppo spesso il contesto in cui viviamo, soffermandoci (con più facilità) sulla nostra soggettiva percezione delle cose, e ignorando che il nostro futuro sarà influenzato da ciò di cui ci circondiamo.

Estendendo questo principio, potremmo arditamente pensare che l'anima degli oggetti de La cassa riposta anticipi la teoria dello sviluppo sostenibile, che in sintesi dice: salva ora l'ambiente se vuoi che le generazioni future abbiano le condizioni necessarie per sopravvivere. L'affannosa ricerca del guadagno, a tutti i livelli, ci fa dimenticare che i rifiuti che produciamo e i danni ambientali che creiamo influiranno su di noi. Se la cassa riposta di Pirandello, o un libro, o un mutuo, hanno in qualche modo determinato certe nostre scelte, non dobbiamo dimenticare che anche l'anima del percolato gettato a mare a Napoli o dei 13 milioni di ettari di foreste perse negli ultimi 10 anni pretenderà qualcosa, chiedendoci il conto.

Ritornando a Pirandello, ci viene in mente la novella Il professor Terremoto, nella quale il protagonista che sta viaggiando su un treno racconta come nella tragedia di Messina nel 1908 accoglie in una baracca una famiglia composta da una vedova, dai suoi genitori anziani e dai suoi figli, che aveva salvato da un edificio distrutto. Nel giro di un paio d'anni, sposata la vedova, il professore si ritrova padre di otto figli (cinque suoi e tre della vedova), e con in più i suoceri, i genitori e una sorella nubile da mantenere, per un totale di quindici persone, lui stesso incluso. Alle lodi dei suoi compagni di viaggio, che lo definiscono "un eroe", lui risponde:
"Quel terremoto è passato; anche quest'altro è passato: terremoto perpetuo è rimasta la mia vita"
Quasi una sorta di transfert, stavolta non di un oggetto ma di un evento, che ha cambiato totalmente la sua esistenza. Certo, non possiamo controllare né gli eventi né gli oggetti che ci circondano, ma dobbiamo ricordarci che non saremo noi ad influenzare il nostro ambiente, ma viceversa.

domenica 6 febbraio 2011

Zarité e le schiave-bambine moderne


Leggendo un articolo di Silvia Truzzi sulla bambina africana di Fossalta del Piave alla quale il sindaco, in un momento di grande umanità, ha negato la possibilità di accettare i pasti che le sue insegnanti volevano darle, mi è venuta in mente l'appassionato racconto "L'isola sotto il mare", di Isabel Allende, dove il tema della schiavitù è analizzato a fondo.

In questo racconto Zarité, schiava mulatta, vive il dramma della maternità violata, dovendo cedere il suo primo figlio illeggittimo, la permanente paura di fare qualcosa di sbagliato e meritarsi una punizione, la consapevolezza amara di essere considerata inferiore, e il sogno della libertà ed emancipazione. Zarité riesce, a costo di grandi sacrifici personali, a divenire libera e a costruirsi una famiglia, e i dolori della sua vita diventano i tasselli di una rinascita.

Ma la povera bimba di Fossalta del Piave, che sicuramente non avrà letto (ancora per poco, speriamo) la Allende, non sa che quando, nello sforzo di trovare una giustificazione, è stata immondamente definita "figlia di un noto estremista islamico", ha incarnato in sé la tragica condizione di chi non per scelta ma per nascita ha ricevuto un ruolo sociale dal quale nessuno le offre un riscatto. Forse un bambina, se figlia di un terrorista o di un mafioso o di un corrotto politico o illeggittimamente di un famoso prelato, non ha il diritto di ricevere solidarietà? Perché la conquista dell'uguaglianza viene rimessa in discussione, quasi come se vivessimo una palingenesi del più barbaro schiavismo?

Diceva Fichte: "Noi siamo ancora al basso grado della semi-umanità, ovvero della schiavitù". Ma oserei dire che definire semi-umano chi tratta una bambina africana come se fosse appena stata portata da negrieri dalla costa della Guinea è un complimento che non merita. Gli animali non hanno mai praticato la schiavitù, ma forse solo la legge del più forte. Le vere bestie, però, sono quegli uomini che come bestie agiscono.

Link: Isabel Allende - L'isola sotto il mare - 2009, Feltrinelli

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