Oggi Twitter e gli altri social network abbondano di riferimenti al
Giorno della Memoria e del settantesimo anniversario della liberazione dei prigionieri da
Auschwitz. Non è certamente un giorno qualunque.
Se l'inferno di quell'epoca oggi è ricordato dagli hashtag
#giornatadellamemoria e
#pernondimenticare, la realtà è che forse questa sarà l'ennesima celebrazione usa-e-getta volta ad acquietare il nostro senso di colpa. Non voglio dire che non sia utile e saggio ricordare: ma la nostra memoria collettiva è così labile che fra poche ore o giorni i sopravvissuti dell'inferno dei campi nazisti saranno per molti solo la cronologia del proprio profilo virtuale. Quello che mi turba è l'ipocrisia dilagante, non l'ignorante sincerità.
Per non dimenticare, sarebbe necessario rimuovere da noi il
razzismo inconscio che esplode spontaneo dinanzi a chi è diverso. E smetterla di pensare, ad esempio, che la soluzione al problemi dei profughi e delle grandi migrazioni sia farli affogare nel Mar di Sicilia. O che chi ha la pelle diversa non rappresenti una risorsa ma un costo sociale.
Per non dimenticare, bisognerebbe coltivare sul serio la
tolleranza nelle piccole cose quotidiane. Ad esempio, nei confronti di chi non sopportiamo e incontriamo ogni giorno, di chi legge la realtà diversamente da noi, di chi è troppo stanco per pensare e agisce solo per apatica abitudine. O di chi è semplicemente stupido.
Per non dimenticare, dovremmo iniziare a mostrare
rispetto per chi ci ha preceduto. Come i nostri vecchi che rassegnati vivono abbandonati a sé e con se stessi come unici compagni, quasi come una sorta di scomoda eredità un po' kitsch di un mondo ormai perduto e d'antan, per poi rimpiangerli quando scompariranno.
Per non dimenticare, ogni tanto dovremmo saper
ascoltare chi ci parla, buttando via i nostri notebook, tablet, smartphone, e tutti gli altri aggeggi che ci separano dagli altri con l'illusione di essere interconnessi. E tornare a sederci con i nostri compagni o figli o amici per cercare di capire cosa provano e perché l'uomo moderno sia vittima cronica dell'incomunicabilità.
Per non dimenticare, andrebbero
aperte le nostre porte. Dovremmo aprire i nostri cuori a chi implora il nostro affetto di narcisisti super impegnati che corrono verso chissà cosa, magari imparando di nuovo a mostrare affetto ed empatia. E dovremmo aprire le nostre menti a chi vuole parlarci, anche quando dice cosa che pensiamo non ci interessino, o quando una nuova idea ci sembra troppo sbalorditiva per essere credibile.
Basta poco per non dimenticare. I tweet e i post, purtroppo, non saranno mai sufficienti.