martedì 15 gennaio 2013

Chi siamo? Sei personaggi e il dramma di essere "centomila"

Nella commedia (o dramma) pirandelliana Sei personaggi in cerca d'autore, il Padre cerca di spiegare la sua tragedia. La sciagurata circostanza di incontrare Figliastra dove non avrebbe dovuto e voluto, nella casa di Madama Pace, che lui frequentava, e dove lei aveva preso a prostituirsi. La vergogna provata dal Padre, nel tentare di esprimere quello che aveva provato, è espressa dalla battuta che segue:
"Il dramma per me è tutto qui, signore: nella coscienza che ho, che ciascuno di noi—veda—si crede «uno» ma non è vero: è «tanti», signore, «tanti», secondo tutte le possibilità d'essere che sono in noi: «uno» con questo, «uno» con quello—diversissimi! E con l'illusione, intanto, d'esser sempre «uno per tutti», e sempre «quest'uno» che ci crediamo, in ogni nostro atto. Non è vero! non è vero! Ce n'accorgiamo bene, quando in qualcuno dei nostri atti, per un caso sciaguratissimo, restiamo all'improvviso come agganciati e sospesi: ci accorgiamo, voglio dire, di non esser tutti in quell'atto, e che dunque una atroce ingiustizia sarebbe giudicarci da quello solo, tenerci agganciati e sospesi, alla gogna, per una intera esistenza, come se questa fosse assommata tutta in quell'atto!" (Sei personaggi)

Toccante è l'interpretazione fatta del compianto Romolo Valli, visualizzabile nel video incluso in questo post. Il Padre capisce che quel singolo atto, quell'errore, lo ha marchiato per sempre, ed è diventato "tanti", non più quell'"uno" che lui credeva di essere, ma la maschera che gli è stata attribuita giudicandolo.

Il dramma (o la commedia) raggiunge l'apice nella scena in cui il Padre e la Figliastra sono abbracciati, e la Madre urla. Grida, disperata. Protesta contro quel gesto. Il Padre ha ormai raggiunto il punto di non ritorno, e la sua idea di sé stesso si è smembrata, mutandosi per sempre "tanti", e capendo che adesso resterà eternamente alla gogna. La sua maschera è quella del patrigno-orco, a cui spesso purtroppo oggi ci siamo abituati.

Potrà il Padre riscattarsi? La discussione è antica, già affrontata ferocemente quando nel terzo secolo Ippolito e Tertulliano attaccavano Callisto sulla questione dei lapsi, ovvero di coloro che avevano peccato gravemente e che non erano più meritevoli di perdono, secondo la scuola più severa dei primi due, ma che Callisto accettava nella sua comunità.

Non voglio entrare nel merito di questo aspetto delicato, che coinvolge l'etica, il senso di giustizia e la fede, benché sia convinto che in certi casi il perdono possa essere difficilmente praticabile. Ma il punto è un altro: Chi siamo veramente?

Moscarda, protagonista di Uno, nessuno e centomila, scopre per colpa del suo naso che la realtà non è oggettiva. Mattia Pascal, nel romanzo omonimo Il fu Mattia Pascal, decide volontariamente di indossare una nuova maschera o identità, divenendo Adriano Meis, ma rendendosi conto che è andato oltre al limite stabilito, perché non esistendo per lo Stato in realtà non può né sposarsi né denunciare un furto, ed è costretto a tornare alla sua vita di un tempo. Il Signor Ponza, nella commedia Così è, se vi pare, è pazzo nel suo ruolo di marito, o è pazza la suocera, signora Frola, a credere che la figlia non sia morta? Chi dei due, il signor Ponza o la signora Frola, ha scavalcato il "tanti" o "centomila" pretendendo di far accettare dalla società l'"uno"?

E oggi, chi è veramente pazzo? Chi pretende di essere quello che non è? O chi vive le sue molteplici identità, quella dell'uomo pubblico, del lavoratore esemplare, e del marito/moglie e genitore indifferente? Lo sforzo di essere più trasparenti gioverebbe, perché l'ipocrisia diffusa tende a confondere e genera sfiducia, ma d'altra parte è altrettanto difficile cambiare i "centomila" che siamo diventati. Non impossibile, ma difficile.

I Sei personaggi restano un'ambivalente commedia (così come definita dallo stesso Pirandello) e dramma, in cui le risate sarcastiche della Figliastra combaciano con i pianti della Madre, come elementi di un puzzle più grande. E ricordano quanta fatica si faccia nella vita a cambiare il corso delle cose, lottando contro forze più grande di noi e sentendo nel nostro intimo, spesso, che la meta è perduta. Meglio essere saggi, che poi dover rimpiangere, come il Padre, quell'unico atto che ci ha marchiati per sempre.

Eppure, esiste una speranza. In fondo, possiamo sempre afferrare il timone, e cercare di evitare gli sbagli più grossi, di cui ci rammaricheremo, accettando le nostre piccole sconfitte e ostinandoci a proseguire, anche controcorrente, nel nome di un bene più grande. Qualcuno penserà: "Una vita ispirata all'estetica?" No, semmai una esistenza in cui rispetto per gli altri e per sé stessi convivono. Difficile, forse ardua: ma non impossibile.
E tu, lenta ginestra,
... anche tu presto alla crudel possanza
soccomberai del sotterraneo foco,
che ritornando al loco
già noto, stenderà l'avaro lembo
su tue molli foreste. E piegherai
sotto il fascio mortal non renitente
il tuo capo innocente:
ma non piegato insino allora indarno
codardamente supplicando innanzi
al futuro oppressor; ma non eretto
con forsennato orgoglio inver le stelle
... ma più saggia, ma tanto
meno informa dell'uom
(La ginestra)
Approfondimenti
  • Giacomo Leopardi, La ginestra, 1836
  • Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d'autore, 1921
  • Luigi Pirandello, Così è, se vi pare, 1917 e 1925

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