sabato 26 gennaio 2013

Itangliani si nasce

All'inizio del Novecento, in Italia nacque una polemica, che restò viva per decenni raggiungendo forse il suo apice nel periodo fascista ma che ha avviato una discussione che dura da decenni, circa l'uso o meno dei cosiddetti forestierismi: era giusto usare termini francesi o tedeschi (e oggi diremmo, inglesi), o era meglio "italianizzarli"?

In quegli anni del dopo Unità d'Italia, il movimento irredentista aveva provocato un forte sentimento nazionalista e una repulsione per quello che era straniero e visto come elemento "invasore". Come conseguenza, anche sul piano linguistico nacque in molti una forte avversione per qualunque "intrusione" nella lingua del Bel Paese. Così, il sindaco Cruciani Alibrandi di Roma (poi senatore del Regno d'Italia) il 20 gennaio 1906 emise un'ordinanza, con la quale si vietavano le scritte integralmente in lingua straniera, che però erano permesse se accompagnate dalla traduzione italiana. Sei giorni dopo, Luigi Pirandello scriveva un articolo sulla "Gazzetta del popolo", uno dei più importanti quotidiani italiani, difendendo la scelta del sindaco. L'iniziativa del sindaco era giustificata, scrisse, e anzi propose di istituire una commissione che suggerisse quale equivalente italiano usare al posto del forestierismo, sostituendo ad esempio marsina a frack (scritto con grafia tedesca), barbiere a salon e soprabito a pardessus. Parlando dell'insegna francese chemiserie ("camiceria") ironizzò:
Si può leggere in francese, e si può leggere benissimo anche in italiano, senza alterar di modo il senso. Dico, almeno della sua e della nostra italianità. CHE MISERIE.
Pirandello era un purista, o addirittura uno xenofobo? Per lui che aveva studiato a Bonn e la cui opera avrebbe avuto una diffusione di carattere internazionale, parlare di xenofobia sembra eccessivo. Ma se inquadriamo la sua difesa nel sentimento comune degli italiani di quell'epoca, possiamo capire (anche se non del tutto condividere) la sua scelta.

In epoca fascista, questo fenomeno fu chiamato "neopurismo", termine coniato da Bruno Migliorini, linguista e filologo italiano. Il quotidiano "La Tribuna" nel 1932 bandì un concorso per sostituire 50 parole straniere, fra il 1932 e il 1933 Paolo Monelli tenne una rubrica nella "Gazzetta del popolo", chiamata Una parola al giorno, con la quale si proponeva la sostituzione di termini stranieri (che poi raccolse in un libro chiamato Barbaro domino, pubblicato da Hoepli nel 1933). Già nel 1923 un decreto del governo aveva previsto una imposta quadrupla per le insegne commerciali che contennevano forestierismi, ma nel 1937 fu portata a ben 25 volte.

Nella seconda metà degli anni Trenta, si raggiunse l'apice: nel 1938 ci fu la famosa proibizione del Lei per i dipendenti statali, e nel frattempo diversi enti furono costretti a cambiare il nome (e il Touring Club Italiano divenne nel 1937 così la Consociazione turistica italiana). Dal 1939 fu proibito dare un nome straniero ai neonati italiani, finché nel 1940 si proibì l'esposizione di qualunque parola straniera nelle intestazione di ditte, attività professionali o insegne.

Alcuni termini entrarono nella lingua italiana per restarci per sempre, ad esempio regista al posto del francese régisseurautista per chauffer, ma in altri casi l'epilogo raggiunse il ridicolo: il dribbling divenne il calceggio (oggi palleggio), e si arrivò a proporre la parola puttanambolo per il tabarin (tipico locale notturno, simile alle italiche balere).

Oggi, nell'era del computer e di Internet, l'inglese è entrato con prepotenza nel nostro linguaggio quotidiano. Eppure, alcuni studiosi come Arrigo Castellani e più recentemente un movimento culturale contro l'itangliano ha riacceso le speranze di riportare l'italiano a una forma più pura. Castellani ha fatto delle proposte interessanti ma senza successo, come fubbia [fu(mo) + (ne)bbia] per smog, guardabimbi per baby-sitter, ubino per hobby, velopattino per windsurf, vendissimo per best-seller e trotterello per jogging.

La prof. Maria Luisa Altieri Biagi, accademica della Accademia della Crusca, scrivendo nel 2006 nella rubrica culturale della "Nazione", ha proposto non di eliminare certi termini entrati nella lingua di ogni giorno, ma di "italianizzarli", adattandoli alla morfologia e fonetica della lingua italiana che prevede, ad esempio, che le parole terminino per vocale. Così, guarderemmo un filme (e non un film), interrotti ogni tanto da uno spotto (e non spot), per poi discutere con gli amici di sporte (e non sport).

Ovviamente, talvolta si sente abusare dell'inglese anche in contesti non tecnologici, e basterebbe dire "revisione della spesa pubblica" invece di spending review o "telefono senza filo" invece di cordless. D'altra parte, ogni lingua è in continua evoluzione, e l'italiano non fa eccezione, dopo aver assorbito per secoli termini provenienti da altre lingue. Ma qualora ci si sentisse invasi da un forte sentimento di italianità, sarà utile tenere a portata di mano la lista esaustiva che si può trovare sul sito Internet di Achyra.org, e che per esempio potrebbe farci dire:
Oggi lo scaricamento (=download) dalla Interrete (=Internet) era lento, forse dipende dal mio calcolatore (=computer). Farò una prova dalla mia tavoletta (=tablet), altrimenti dovrò riavviare il mio instradatore (=router), e nell'attesa potrò sorseggiare un po' di acquavite (=whiskey) con ghiaccio.
La famosa canzone patriottica "La leggenda del Piave", conosciuta ai più come "La canzone del Piave", concludeva ognuna delle sue quattro strofe con la parola "straniero". Un suo famoso verso riassume bene il sentimento di chi vorrebbe un italiano neopuro:
Il Piave mormorò "Non passa lo straniero!"
Risponderebbe Totò: "Itangliani si nasce. And I was born, modestamente!".

Bibliografia

Nessun commento:

Link amici

segnala il tuo blog su blogmap.it Aggregatore di blog Blogarilla Segnala un Blog Il Bloggatore Directory Qui Blog Italiani Italian Bloggers