martedì 29 gennaio 2013

Candido e il trasformismo italiano

Nella letteratura siciliana, uno dei fili conduttori è la capacità di mutare, adattandosi agli eventi e facendo delle scelte, più o meno interessate, per restare a galla. Senza bisogno di soffermarsi molto sulla troppo citata (ma sempre valida) frase di Tancredi, ovvero "bisogna cambiare tutto per non cambiare nulla", si pensi invece al nonno di Candido Munafò, protagonista dell'omonimo romanzo Candido di Sciascia.

Candido ha perso il padre Francesco Maria, suicidatosi perché il figlio ha innocentemente rivelato il suo coinvolgimento in un omicidio, e la madre Maria Grazia, fuggita con un militare americano. E così, il ragazzo viene educato dal nonno Arturo Cressi, rispettabilissimo ex generale fascista ora riciclatosi e diventato deputato democristiano. Il ragazzo, prole di una cattolicissima famiglia (sia il padre che la madre si chiamano "Maria"), di quel cattolicesimo tipico di molti italiani e siciliani, tutta parvenza sociale e poca sostanza, dovrebbe crescere solido in quei valori che il nonno vorrebbe inculcargli.

Ma presto, il generale (ora deputato) è a disagio: quel suo nipote è diverso, e lo affida alle cure di Concetta, donna semplice e bigotta, mentre l'arciprete don Antonio sarà responsabile della sua crescita spirituale. Un quadro perfetto, il cui risultato sarebbe prevedibile. Ma qui nasce il problema: Candido, nomen omen, non riesce a indossare l'abito preconfezionato di sano giovane borghese che gli è stato preparato. Il suo carattere è in continua formazione e le sue scelte saranno insolite, e anche grazie all'arciprete arriverà al punto di iscriversi al PCI, ma ahimé manca di quel tratto fondamentale del buon italiano: pur trasformandosi, non riesce ad essere trasformista.

Il nonno deputato (ex generale) è invece un ottimo esempio di quel costume italiano, definito nel termine trasformismo: non ama la chiesa, da buon fascista, ma suo malgrado è abile nel diventare un rispettabile deputato della DC, il partito clericale, moderato e soprattuto di governo per tanti decenni. Il generale (ora deputato) è acuto, e ha fiutato il vento. Per sopravvivere, è capace di indossare la maschera del baciapile, purché mantenga il suo status sociale.

Quasi ottant'anni prima degli eventi descritti da Sciascia, un altro abile manovratore riusciva cristalizzare, almeno ufficialmente, quel fenomeno politico che ha caratterizzato la politica italiana per secoli. L'8 ottobre 1882, in un discorso pre-elettorale, Agostino Depretis rispose a chi lo aveva accusato di aver cambiato il programma della Sinistra, dicendo:
"Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come io posso respingerlo?"
Da quella frase pronunciata nell'autunno 1882, nasce il termine "trasformismo", ovvero quel modo italiano di sapersi opportunisticamente adattare. Fenomeno poi continuato e perfezionato da Crispi e Giolitti, che riescono a farlo passare per spirito progressista. Il periodo post-fascista e poi la nascita della Seconda Repubblica dopo Tangentopoli hanno semplicemente riaffermato questo costume in cui l'abilità si misura nella capacità di saltare da una posizione all'altra, piuttosto che nella coerenza.

Questo mi fa pensare a una bella canzone di Gaber, "Il conformista", che fa parte dell'album "La mia generazione ha perso", che riassume bene il concetto:
Io sono un uomo nuovo
talmente nuovo che è da tempo che non sono
neanche più fascista
... qualche anno fa nell'euforia mi sono sentito
come un po' tutti socialista

Il conformista
è uno che di solito sta sempre dalla parte giusta
... è un uomo a tutto tondo che si muove senza consistenza,
il conformista s'allena a scivolare dentro il mare della maggioranza

... sono pacifista
ero marxista-leninista
e dopo un po' non so perché mi son trovato cattocomunista.

C'è un'altra vecchia canzone di Guccini del 1967, che sembra quasi la versione musicata di Candido, intitolata "Il 3 dicembre del '39". E' un racconto ironico in prima persona, di un uomo nato in epoca fascista e ovviamente chiamato Benito Pio, la cui madre dopo l'armistizio dell'8 settembre diventa prima filo-americana, chiamando il figlio Jack, e successivamente, dopo aver sposato un membro del Consiglio Nazionale di Liberazione, diviene "proletaria" ribattezzandolo Benski-Stalin. Ma dopo il boom economico, la "santa donna" capisce l'errore fatto e ritorna all'antica fede, e il figlio Benito-Jack-Benski-Stalin si sente democristiano, per poi capire che la sua vera aspirazione è il socialismo, visto che la sua fabbrica gli fa guadagnare solo un miliardo all'anno (il trasformista ovviamente segue il profumo della cartamoneta).


Oggi gli ex cattocomunisti, ex democristiani, ex fascisti ed ex socialisti invadono la politica italiana. Con orgoglio e determinazione il politico del Bel Paese porta avanti una tradizione iniziata secoli fa, senza tradire mai il suo grande amore e interesse per sé stesso, la famiglia e gli amici. Houdini impallidirebbe dinanzi all'abilità di schivare colpi e sventare tranelli di una generazione senza ideali, la cui massima aspirazione è un posto al sole (ben pagato, s'intende). D'altra parte, anche questa è un'arte!

Una frase che sintetizzi il trasformismo italiano? Credo che sia molto efficace l'ultimo verso della canzone citata di Guccini, che per tantissimi candidati potrebbe essere il motto delle prossime (e passate) elezioni:
Io chiesa, nobili e terzo stato sempre ho fregato solo per me

Bibliografia
  • Gaber Giorgio, Il conformista
  • Guccini Franceso, Il 3 dicembre del 1939
  • Sabbatucci Giovanni, Trasformismo, Enciclopedia delle Science Sociali, Treccani.it (disponibile a questo link, consultato il 29 gennaio 2013)
  • Sciascia Leonardo, Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia, 1977, acquistabile qui

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